Motivazioni

Nel 1994, in Rwanda, nel giro di tre mesi, tra il 6 aprile e il 18 luglio, un milione di cittadini appartenenti all’etnia minoritaria Tutsi veniva sistematicamente trucidato dai criminali estremisti appartenenti alla maggioranza Hutu per la sola colpa di appartenere ad un’etnia diversa. Un omicidio ogni dieci secondi avveniva sotto gli occhi indifferenti della comunità internazionale. In questo contesto, molti obbedirono agli ordini ed uccisero, violentarono e torturarono, pochi coraggiosi, negando la logica del genocidio e mettendo a rischio la propria vita scelsero di opporsi all’orrore e di salvare altri esseri umani. E' a loro a cui va il nostro sostegno.

Fino ad oggi, nessun Nobel è stato assegnato a chi ha disobbedito alla violenza e salvato centinaia di vite umane durante un genocidio. Il loro esempio invece deve essere conosciuto, oggi più che mai, per dimostrare che tutti noi abbiamo una scelta: la scelta di salvare vite umane invece che uccidere, di opporsi alla violenza piuttosto che assistere passivamente.

Purtroppo la storia dell’ultimo secolo ha mostrato come il pericolo dell'affermarsi dell'ideologia genocidiaria non sia affatto scongiurato. Un Premio Nobel assegnato ai nostri candidati non e' solo un premio assegnato a chi si e' opposto alla logica del genocidio rwandese, ma é una ferma condanna contro tutti i genocidi.

Il genocidio dei Tutsi rwandesi, accompagnato dai massacri degli Hutu moderati che si opposero al genocidio, costituisce un evento di primaria rilevanza nella storia dell’umanità. I mass media non hanno mai reso un’informazione chiara e veritiera all’opinione pubblica internazionale e non hanno mai spiegato che il genocidio era stato scientificamente pianificato dagli estremisti al potere nel paese e di fatto ampiamente prevedibile; hanno invece diffuso la falsa idea che si fosse trattato di uno scoppio irrazionale ed improvviso di violenza, una questione “tra selvaggi africani” per la quale c’era ben poco da fare. Purtroppo, il silenzio,
l’abbandono dei sopravvissuti costretti a vivere in situazioni di estrema difficoltà economica e psicologica tra gli assassini dei loro familiari, e persino il negazionismo continuano tuttora. Il martirio delle vittime di questo genocidio attende ancora un riconoscimento globale.
Il revisionismo storico, la dimenticanza e la cancellazione degli eventi sono il primo passo verso il formarsi dell’incoscienza civile che pone a rischio le generazioni future di ogni società ed é il primo seme per ripetersi degli eventi.

Per questi motivi reputiamo dunque importante che sia finalmente assegnato un Nobel per la Pace ai Giusti del Rwanda, Zura Karuhimbi e Pierantonio Costa assieme alla sopravvissuta Yolande Mukagasana e mostrare il loro esempio a cui tutti noi possiamo ispirarci; affinche' la memoria dei genocidi e la conoscenza dei meccanismi che hanno portato alla loro esplosione non vadano persi.