di David Monticelli
Presidente Peace Culture!
Un primo commento dunque lo debbo a tutti voi proprio riguardo i due scorsi week-end in cui, prima ad Urbino e poi a Roma, ho partecipato a degli eventi in cui il protagonista - come per la nostra campagna per il Rwanda - era la pace, (ad altre latitudini di questo nostro stesso pianeta e con altri protagonisti della nostra stessa umanità).
Ad Urbino nel week-end del 3-4 ottobre la conferenza "Dalla parte dell'impossibile" ha visto la partecipazione del nostro amico Lance Henson, poeta cheyenne e attivista per i diritti umani, di Kendall Black Elk, danzatore crow, di Tlahkuilo Arreola Zuniga, artista yaqui e azteco, del prof. Luigi Alfieri docente ordinario dell'Università di Urbino e infine del sottoscritto. Abbiamo parlato della filosofia, ma anche e soprattutto dell'attivismo politico, delle rivendicazioni e delle tragiche situazioni contemporanee dei popoli cosiddetti indigeni (o nativi) del mondo, minoranze sempre più a rischio di ulteriore genocidio fisico e culturale ad opera di quella macchina di sfruttamento e di oppressione che è l'attuale sistema economico e politico mondiale.
A Roma, presso la "Città dell'Altra Economia" nel quartiere Testaccio, nel week-end del 10-11 ottobre si è svolta la manifestazione intitolata "Eventi nativi" alla quale hanno partecipato la nostra Francoise Kankindi, presidentessa di Bene-Rwanda, Tlahkuilo Arreola Zuniga, Apirana Taylor, artista maori e attivista dei diritti civili del suo popolo, Francisco Vera Millaquen, portavoce della comunità degli indios mapuche del Cile, Kevin Annett, ex pastore della Chiesa Unita Canadese che ha denunciato il genocidio dei bambini nativi americani nelle famigerate boarding schools (o residential schools) del Canada.
Lo scopo ufficiale della manifestazione (giunta alla sua seconda edizione dopo quella di Genova dell'anno scorso) è quello di chiedere l'istituzione di una "Giornata della memoria del genocidio dei popoli indigeni" e di chiedere allo Stato italiano la ratifica della convenzione ILO 169 sui diritti dei popoli indigeni e tribali, adottata nel 1989 dall´Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), un'agenzia delle Nazioni Unite, http://www.survival.it/.
La Convenzione riconosce ai popoli indigeni un insieme di diritti fondamentali, essenziali alla loro sopravvivenza, tra cui i diritti sulle terre ancestrali e il diritto di decidere autonomamente del proprio futuro. Attualmente, la Convenzione costituisce l´unico strumento legislativo internazionale di protezione dei diritti dei popoli indigeni. Ratificandola, gli stati si impegnano a garantire in modo efficace l´integrità fisica e spirituale dei popoli indigeni e a lottare contro ogni forma di> discriminazione nei loro confronti.
Nella giornata di sabato si sono tenuti seminari sul tema del genocidio di questi popoli, con la visione nel pomeriggio dello struggente documentario di Kevin Annett "Unrepentant: the Canada's genocide", che potete vedere in versione integrale sul sito http://www.hiddenfromhistory.org/ (tenetevi forte).
In serata al Teatro Valle di Roma uno spettacolo congiunto di Tlahkuilo Arreola Zuniga e di Apirana Taylor ha traslato queste tematiche in rappresentazioni artistiche attraverso danze, musica, pittura e poesia, con le voci di cinque attori italiani che hanno partecipato alla performance. La maggior parte del secondo atto è stato dedicato al genocidio ruandese.
La domenica mattina è stata la volta della testimonianza commovente di Francisco Vera Millaquen sulla recente escalation di violenza e repressione nei confronti del popolo mapuche in Cile (nonostante i proclami democratici del governo socialista) e quella della nostra Francoise sul Rwanda. Le loro parole hanno toccato tutti nel profondo del cuore. Da questo doppio week-end, (che diventerà triplo, visto che sabato e domenica prossima 17-18 ottobre Zura Kurahimbi e Jacqueline Mukansonera saranno premiate dalla Città di Padova con il riconoscimento del "Giardino dei giusti del mondo", (http://www.padovanet.it/dettaglio.jsp?id=13091), emerge chiaramente la dimensione universale e "trasversale" a cui deve necessariamente fare riferimento il nostro attivismo e il nostro impegno per la pace. E' soltanto nello spirito di un'appartenenza ad un movimento ampio quanto tutta l'umanità oppressa, sfruttata e vittima dei genocidi e nel consapevole riconoscimento di questa appartenenza che la nostra campagna per il Nobel al Rwanda potrà trovare la forza e l'energia giusta, come direbbero i nostri amici nativi, per essere portata a compimento.
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